Incredibile, nella capitale arrivano i soldi! Aprono Barbour e Ralph Lauren, l’Hotel Excelsior di via Veneto passa all’Emiro del Qatar e anche la sede dell’Inps e la vecchia Zecca diventeranno alberghi di lusso
Attenzione. A Roma arrivano i soldi. Non i soldi delle benemerenze e delle prebende e della spesa pubblica, ma i soldi veri, privati. Nell’epoca delle spending review e dei patti di stabilità, flussi molto neoliberisti sono arrivati nel Grande Raccordo. Moda, grande ospitalità alberghiera, ristorazione.
Saranno in grado i romani di reggere questa pressione? Avverranno scontri di civiltà? Nasceranno dei consumi vistosi? Andrà studiata una nuova classe media come in Cina? Nascerà (addirittura) una borghesia? Come in occasione delle settimane romane della moda, quando ammennicoli di milanesità protestante (pantaloni stretti e corti, nero preponderante, anoressie e magrezze) fanno a pugni con le cofane di capelli e gioielli, le tinture da parrucchiere, gli sbuffi da saludos amigos. E però.
Piccole cose: aprono monomarca che un tempo valevano la gita a Milano (ah, la metropolitana d’Italia): Barbour, Ralph Lauren “al” centro; in via Veneto l’Hotel Excelsior finalmente passa all’Emiro del Qatar (verrebbe da dire, come Guzzanti: «A emiro, ma a Roma che t’avevamo fatto?»). Sempre “al” centro, il mammozzone di marmi bianchi già sede dell’Inps in piazza Augusto Imperatore dovrebbe diventare un hotel di massimi lussi, forse addirittura milanesemente un Bulgari Hotel.
Crescono restauri che forse significano qualcosa, a Nord e a Sud della città. Ai Parioli bistrattati nasce un altro hotel, che dovrebbe diventare quello più lussuoso della città, al posto della vecchia Zecca. A Sud, all’Eur, quelli di Fendi rimettono in piedi la balena bianca dell’architettura romana, il Palazzo della Civiltà italiana. Che cosa succederà? Cortocircuiti? Dilagherà quella cosa esotica chiamata borghesia? (Ah, quella sensazione nettissima, in gita a Milano, quella vista di famiglie abbigliate in loden compatti, scarpe lucide, con macchine tedesche e conversazioni a bassa voce in ristoranti anche troppo frequenti, senza preti). Che commozione. Del resto davvero non si sa come avrebbe potuto funzionare l’idea bizzarra di spostare la capitale (dopo avere avuto Torino bella e pronta, dopo aver sventrato Firenze) nella cittadina peggio amministrata del Mediterraneo, una teocrazia pochissimo efficiente, con nessuno fondamentalmente con cui parlare, come poi notavano sempre tutti da Leopardi a Stendhal a Andy Warhol.
Anche esportare la borghesia, non ha avuto molto successo. I torinesi ci hanno provato, a impiantare un’élite, fornendole anche palazzoni dagli standard altissimi per i tempi, ma poi il risultato è stato il core business del timbro del cartellino e una microborghesia fantozziana e imbelle, erede di quelle 650mila famiglie che si calcola vennero impiantate dall’amministrazione sabauda. C’è una triste coerenza nel fatto che la “megaditta” di Fantozzi sia stata ambientata nella sede della Regione Lazio, all’Eur. Però adesso cambia qualcosa. Forse.
I soldi! A Roma! Non erogati né pretesi né donati come nell’ultima rinascita della città, quella rutelliana pre-Giubileo 2000, ma turboliberamente arrivati adesso, col Giubileo “poraccio” 2015 senza sindaco né cantieri né fondi (non si sta male, in fondo, potrebbe dare assuefazione). Ecco appunto “al” centro, l’arrivo del monomarca Polo Ralph Lauren in via del Corso. Ecco il negozio Barbour. Poi arrivano i giapponesi di Zuma per power lunch costosi (la ristorazione è importante, per una citta sempre in una sua pausa pranzo esistenziale). Ma rispettando la geopolitica e il genius loci, per un possibile fighismo di Roma serve naturalmente non inseguire la milanesità urbanistica. Città di quartieri, Roma, città agricola-balneare con qualche distretto vagamente occidentale. Città di mare. Città-paese (dei difetti si è già detto. Pregio: non porta alienazione. Quella sensazione brutta che avverti al calare del giorno in piazza del Duomo se sei solo, a Roma non c’è).
Si sa che avere un amico “in” Prati significa la solitudine, in una Salerno-Reggio Calabria di trasporti impossibili (rischiare la vita in motorino o il portafogli in autobus?). Uber prova a lanciare la sua immaginifica linea U, cioè pullmini per disgraziati che vanno a lavorare, su tratte condivise, e oltre forse al risparmio di tempo si potrà socializzare con altre forme umane che non siano il Turista Atterrito, il Pellegrino Poco Liquido e il Migrante Stanziale (non è razzismo, è che se uno va a lavorare la mattina si sente sollevato se è circondato di suoi simili).