Tra il 1993 e il 2015 la fotografa olandese Dana Lixenberg ha ritratto la comunità nera di Imperial Courts a Los Angeles. Ora due mostre, un libro e un web documentario raccolgono immagini, parole e suoni di un'esperienza intima e intensa
J 50, 1993
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Spider, 1993
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Buddy, 2009
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Senza titolo (festa di compleanno), 2009
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
J 50 incinta di Kadejah, 2008
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Kadejah, figlia di J 50, 2013
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Miyong con il figlio Anthony, 1993
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Senza titolo (festa di compleanno), 2012
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Nu Nu, 2009
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Trouble, 2009
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Wilteysha, 1993
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Toussaint, 1993
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Tony, 1993
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Il memorial di Tony, 2010
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Il Baby Shower di Tishs, 2008
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Dee Dee con in figlio Emir, 2013
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».
Freeway 110, 1993
Imperial Courts, 1993–2015 © Dana Lixenberg
«Noi cosa ci guadagniamo?»
È questa la prima domanda rivolta da Tony Bogard alla giovane fotografa del Vrij Nederland, un settimanale olandese interessato a documentare i cambiamenti sociali e urbanistici a Imperial Courts dopo l'affaire Rodney King.
È il 1993 e siamo a South Central, zona sud di Los Angeles, tra le freeway 105 e 110. Tony è il leader dei Courts PJ Watts Crisps, una delle due gang del quartiere, e Dana Lixenberg sta lavorando su assignment: nessuno dei due può ancora immaginare che quel «colloquio di lavoro» sia l'inizio di ciò che diventerà nel tempo una lunga e sfaccettata ricerca fotografica sulla comunità nera di Imperial Courts.
Se da principio sono tutti un po' scettici, alla fine di quella prima sessione di ritratti lo stesso Tony, il più riluttante, acconsentirà a partecipare. Merito della macchina di grande formato e delle Polaroid che Dana mostra di volta in volta a testimonianza dei progressi del lavoro. Un anno dopo arriva la prima mostra in Olanda, mentre Tony è stato ucciso un paio di mesi prima da un membro della sua stessa gang. È quello che può accadere, in una realtà complessa come quella di Imperial Courts, ma è anche una caratteristica, drammatica quanto vitale, dei progetti a lungo termine che coinvolgono un'intera comunità.
Negli anni che seguono i ragazzi ritratti nel 1993 crescono, si formano famiglie, nascono bambini. A crescere è anche e proprio quel senso di collettività che Dana ha impresso sulle sue lastre, e con questa la voglia della fotografa tornare a quel progetto. Dal 2008 Imperial Courts diventa una ricerca intensiva, per mezzo della quale da un lato le persone ritratte si riconoscono come comunità, e dall'altro Dana si realizza come autrice matura e cosciente della propria forza espressiva.
Il risultato è un album di famiglia allargato e non stereotipato, certamente mai scontato: è il ritratto di più generazioni, di persone che entrano ed escono di scena, che nascono e muoiono, che a volte spariscono senza lasciar traccia; ed è un ritratto della stessa Lixenberg, che di quella famiglia fa ormai in qualche modo parte.
Alle immagini in bianco e nero, mai semplicemente bidimensionali e sempre lontane dalla spettacolarizzazione tipicamente legata a questo genere di argomenti, si aggiungono video e registrazioni audio: Imperial Courts diventa un web documentario (imprialcourtsproject.com), un bellissimo libro (edito da Roma Publications, la seconda ristampa è già disponibile su romapublications.org) e una grande mostra all'Huis Marseille di Amsterdam (fino al 6 Marzo, huismarseille.nl). Da Micamera a Milano è possibile vedere fino al 20 Febbraio una piccola selezione di preziose stampe, così come una scelta ragionata dal catalogo di Roma Publications.
Dal canto suo Dana spera di aver risposto alla domanda di Tony col proprio lavoro, ed è con umiltà molto nordeuropea che nella sua introduzione al libro scrive: «Spero di non sbagliarmi a considerare queste fotografie come testimonianza del mio rapporto con la comunità di Imperial Courts, per cui mi auguro che queste immagini continuino negli anni ad avere qualche valore».

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