«Non faccio mai un mestiere per volta». Ernesto Gismondi, “l’ingegnere” come viene chiamato, 84 anni, fondatore e presidente di Artemide, ha sulle labbra quel sorriso corsaro che ti immagini abbia chi ne ha viste, di cose, nella vita. E un po’ corsara è la sua storia, a partire da quella passione per missili e aerei che lo portò a laurearsi in ingegneria. «Mentre studiavo a Roma – racconta – mi è venuta voglia di fare qualcosa in proprio. Ho pensato subito ai pezzi di un missile, perché un missile intero costava troppo. Invece ho incontrato Sergio Mazza, architetto. E abbiamo deciso di fare lampade». Le lampade sono più economiche dei missili, lapalissiano. «Era qualcosa che non richiedeva troppi investimenti. Poi sui missili mi son vendicato – sorride ancora Gismondi –: ne ho parlato per vent’anni, insegnando al Politecnico di Milano», dal 1964 al 1984.
Il Gruppo Artemide ha oggi 750 dipendenti, quattro stabilimenti nel mondo oltre a quello di Pregnana Milanese, dove ha sede il quartier generale, e 126 milioni di euro di fatturato (dati 2015), di cui il 76 per cento realizzato nei 98 diversi Paesi in cui arrivano i suoi prodotti. Nel 1959, il primo modello che letteralmente vede la luce è Alfa, disegnata da Mazza. «Poi – racconta Gismondi – abbiamo deciso di aprire ad altri milanesi: abbiamo chiamato Vico Magistretti, è venuto, abbiamo lavorato bene insieme, i prodotti hanno avuto successo, e lì è praticamente nato tutto». Sono gli anni delle lampade Omicron e Lambda (1961), Omega (1962), Mania (1963) – evidente il riferimento all’antica Grecia già dichiarato nella scelta del nome dell’azienda, omaggio alla dea della caccia, sorella di Apollo – Eclisse (1967) e Dalù (1969, rieditata nel 2005). «Poi sono arrivati Gio Ponti, Gae Aulenti e tutti gli altri»: due i progetti per i due architetti, rispettivamente Fato (1969) e Patroclo (1975).