Si avvicina l’estate cinematografica con “Independence Day”, ma qui tracciamo un profilo del suo ineffabile protagonista
L’eterno ritorno di sequel ed eroi bolliti presenta, per cominciare l’estate, Independence Day: Rigenerazione (23 giugno), il seguito del film del 1996 in cui la Terra era invasa da alieni cattivissimi. Non ci sarà Will Smith (voleva troppi soldi), ma tornerà Jeff Goldblum, nel ruolo del tecnico satellitare che aveva hackerato il calcolatore alieno, e ora promosso a capo del Sistema di Difesa Planetario. Qualsiasi film dal grosso budget è ormai piagato da personaggi stock, con battute prive di qualsiasi umanità. Nessun attore riesce a dare vita a quei dialoghi telefonati, spiegoni di storie improbabili. Anzi, qualcuno c’è: Jeff Goldblum, il solo che sia riuscito a fare quello che vuole dentro Hollywood.
«Gli piacciono i monumenti». Così Goldblum chiude il trailer del nuovo film (traduzione mia, «They like to get the landmarks»), a bordo di un jet sopra il London Bridge appena distrutto dagli alieni. In Italia, purtroppo, è stata eliminata l’ironia molto meta, accontentandosi di un generico «Distruggono i monumenti». Chi altro prende in giro lo stesso film di cui è protagonista?
A 63 anni, Jeff Goldblum è nel quarto decennio della sua carriera. Esordisce nel 1974 come teppistello ne Il Giustiziere della Notte (“Freak #1” il credit ufficiale), va in giro su un’assurda moto a tre ruote in Nashville, compare per cinque secondi in Io e Annie, pronunciando al telefono una delle battute più citate del film: «Ho dimenticato il mio mantra». In pochi anni è protagonista in alcuni tra i film più famosi di sempre: Il Grande Freddo, La Mosca, i primi due Jurassic Park, il primo Independence Day. Poi nessun’altro titolone, fino a quest’estate. Ma non se n’è mai andato davvero, perché Jeff Goldblum è sempre ovunque e in nessun posto. Ha recitato in più di cento ruoli, è passato dai blockbuster alle rom-com, dall’horror d’autore ai film di Wes Anderson; ha fatto pubblicità, serie tv, sketch comici, doppiato videogame. «Non ho mai pensato alla carriera, mi ha sempre interessato il processo creativo», ha detto in un’intervista di un paio di anni fa. «I lavori mi sono capitati, ci sono finito dentro prima ancora di cominciare a provarci davvero».
Sempre diverso, ma alla fine sempre uguale a se stesso
Nashville
Stati Uniti 1975, commedia
Regia di Robert Altman
Io e Annie
Stati Uniti 1977, commedia
Regia di Woody Allen
Il grande freddo
Stati Uniti 1983, commedia, drammatico
Regia di Lawrence Kasdan
La mosca
Stati Uniti 1986, horror
Regia di David Cronenberg
Jurassic Park
Stati Uniti 1993, fantascienza
Regia di Steven Spielberg
Independence Day
Stati Uniti 1996, fantascienza
Regia di Roland Emmerich
Jurassic Park – Il mondo perduto
Stati Uniti 1997, fantascienza
Regia di Steven Spielberg
Le avventure acquatiche di Steve Zissou
Stati Uniti 2004, commedia
Regia di Wes Anderson
Grand Budapest Hotel
Stati Uniti 2014, commedia
Regia di Wes Anderson
Jeff Goldblum è l’antesignano dei meme, una cornucopia di contenuti virali: una sua battuta in Jurassic Park («Must go faster», mentre fugge da un T-Rex su una jeep) è stata inserita a sua insaputa (e a insaputa di Spielberg) in Independence Day, mentre lui e Will Smith volano via dalla nave aliena alla fine del film; il web è pieno di sue clip, citazioni di dialoghi, dissertazioni sull’essere Jeff Goldblum. Le sue battute sembrano scritte da lui stesso, e in tutti i film vediamo la sua sprezzatura allegra e il manierismo elegante, che gli fanno recitare sempre quell’amabile personaggio che è se stesso. Il movimento enfatico delle mani mentre spiega concetti astrusi, la presenza leggera e enorme al tempo stesso, con i suoi quasi due metri di altezza.
Se tanti film hanno bisogno del comic relief per aiutare la trama, allora Jeff Goldblum funziona come human relief: più intelligente degli altri personaggi, più ironico e distaccato, sembra messo lì a ricordare che si tratta solo di un film. Viene usato come una spezia pregiata, per nobilitare tutto il resto. Sempre con un piede fuori e uno dentro Hollywood, free agent che non ha mai smesso di pensare, di essere curioso, di divertirsi. Quello che dovremmo fare noi spettatori, quello che ha sempre fatto lui: meno ricerca del risultato, più interesse per il processo creativo.