Il piano di questo libro si snoda lungo diversi punti interconnessi. Primo: la connettività ha sostituito la divisione come nuovo paradigma dell’organizzazione globale. La raffigurazione delle nostre infrastrutture ci dice molto di più del funzionamento del mondo che non le cartine politiche con i loro confini. La vera mappa del mondo non dovrebbe rappresentare soltanto gli Stati, ma anche le metropoli, le autostrade, le ferrovie, le pipeline, i cablaggi per Internet e gli altri simboli della nostra nascente civiltà di network globali.
Secondo: il decentramento è la più potente forza politica della nostra era. Ovunque gli imperi vanno in frantumi e l’autorità scivola via dalle capitali nazionali in direzione di province e città che ricercano autonomia nei loro affari finanziari e diplomatici. Ma il decentramento ha una controparte importante: l’aggregazione. Più piccole diventano le unità politiche, più si debbono fondere in larghe confederazioni al fine di condividere le risorse e sopravvivere.
Questo trend si sta concretizzando, dall’Africa orientale all’Asia sudorientale, con nuove e dinamiche federazioni regionali che prendono forma attraverso infrastrutture e istituzioni comuni. Lo stesso Nordamerica sta diventando un supercontinente realmente unificato.
Terzo: la natura della competizione geopolitica si evolve dalle guerre per la conquista di un territorio a un tiro alla fune per le supply chain globali, sia in orizzontale che in verticale. In orizzontale con l’obiettivo della conquista di ruoli chiave nella produzione energetica e industriale; in verticale per trarre il massimo vantaggio dal valore aggiunto conferito dai flussi di finanza, tecnologia, conoscenza e talento. Questa contesa rappresenta il passaggio da uno stato di guerra fra sistemi (capitalismo vs. comunismo) a uno stato di guerra all’interno di ciascun sistema comune di supply chain. Se il confronto bellico è una minaccia ricorrente, questo tiro alla fune è una realtà perpetua e a vincere saranno le strategie economiche anziché la dottrina militare. Attorno al mondo migliaia di nuove città e di Zone Economiche Speciali (ZES) sono state costruite con l’apposito fine di permettere alle società che stanno loro attorno di entrare in questa arena globale.