Le cattive notizie le conoscono tutti. Guerre, scontri etnici, terrorismo internazionale, dittature e autocrazie liberticide, enormi disparità economiche, flussi migratori imponenti che hanno come detonatore la fuga dai conflitti e dalle persecuzioni oppure – più banalmente ma non meno drammaticamente – ragioni economiche. Eppure, a livello globale, sottotraccia rispetto a tutti i problemi che certo nessuno vuole negare, scorre da anni una buonissima notizia, misconosciuta eppure di portata epocale. La povertà estrema nel mondo, quella cioè di chi vive con meno di 1,90 dollari al giorno (la soglia è stabilita dalla Banca Mondiale) è in rapida e ininterrotta diminuzione. Lo racconta Nicholas Kristof in un editoriale sul New York Times, intitolato The Best News You Don’t Know. Certo, la parola “crisi” accompagna da anni le nostre vite e, tra spinte populiste e isolazionismi impauriti, dobbiamo riflettere su come gestire in un futuro prossimo il fenomeno che conosciamo come “globalizzazione”. Su IL ne abbiamo parlato più volte, domandandoci se davvero si stava meglio quando si stava peggio, quale possa essere un nuovo modello di ordine internazionale che sappia rivolgersi ai nativi digitali, quale siano le caratteristiche di un populismo che vorrebbe erigere muri ovunque, quali possano essere gli effetti imprevisti del “dagli al neoliberismo” a tutti i costi (e cioè più disuguaglianza) e quali siano e come siano da affrontare le paure del futuro. E abbiamo pubblicato anche molti dati, che raccontano anche la parte bella della storia e cioè la riduzione del numero dei poverissimi. Infatti, pur a fronte di un robusto aumento della popolazione mondiale, aumento che è stato peraltro più massiccio in zone che non sono tra le più ricche del pianeta, gli abitanti del mondo che vivono al di sotto della soglia della povertà estrema, che nel 1990 erano ancora il 43 per cento circa del totale, sono ora meno del 10 per cento. L’obiettivo di sradicare definitivamente la povertà estrema entro il 2030 non è quindi più confinato nel recinto dei buoni propositi e del wihsful thinking più spregiudicato. Di pari passo con la diminuzione di chi vive con meno di 1,90 dollari al giorno, negli ultimi decenni si sono ridotti anche i tassi di analfabetismo, sono migliorate le condizioni sanitarie complessive, è diminuito il numero dei Paesi del tutto illiberali e ci sono stati altri miglioramenti degli standard di vita forse impalpabili ma comunque molto rilevanti (ad esempio la diffusione della telefonia mobile e delle connessioni internet anche tra chi non ha mai avuto prima un telefono fisso e neppure la corrente elettrica). In Occidente percepiamo un peggioramento nei nostri standard di vita (“i figli che stanno peggio dei padri”) e sono in aumento le disparità economiche. Ma, alzando lo sguardo, e considerando il mondo intero, il panorama cambia. Sì, forse noi stiamo un po’ peggio, ma si è andata formando una “classe media mondiale” che sta enormemente meglio di prima. E, questa, se parliamo del mondo e non del nostro orizzonte più circoscritto, beh, no, non sembra una cattiva notizia. Anzi, come dice Kristof sul NYT, sembra la migliore notizia di cui moltissimi non hanno mai sentito parlare.