1 — Kai Althoff: and then leave me to the common swifts
Fino al 22 gennaio 2017. MoMA, New York. A cura di Laura Hoptman e Margaret Ewing
Nell’autunno del 2014, Kai Althoff (1966, Colonia) aveva continuato le proprie scure danze con una personale da Michael Werner, allestendo un teatro di sete, antichi manichini e dipinti trapezoidali di sapore simbolista. Con quella mostra confessò d’inseguire il mito dell’opera d’arte totale. Ora, a propria consacrazione, Althoff abbassa il soffitto del MoMA per mezzo di morbidi teli bianchi creando un interno domestico ma selvaggio, un castello di Psiche colmo di dipinti radicali, inattuali e dolci memorabilia. Nessun occhio ingenuo saprebbe riconoscere Althoff come un pittore ancora giovane; l’artista non insegue le sottane del tempo.
S’avvicina a una pittura simile a quella praticata nell’Austria della Secessione; c’è anche qualcosa di tetro, di punk, che rimanda al passato del ragazzo vissuto in un certo tipo di Germania desolata. L’ebreo chassidico al supermercato, la banda di soldati ubriaconi, Althoff dipinge personaggi che camminano un po’ stanchi e un po’ brilli sul filo del rasoio tra esistere e scomparire. Si può dire che sia uno dei pochi in grado di dipingere il passato con i mezzi del passato; un passato sottocutaneo che fa a meno dell’ironia e della rielaborazione.
moma.org
2 — Zara Idelson: A quoi ressemblaient les nuages
Fino al 13 novembre 2016. Kunsthalle Marcel Duchamp, Cully, Svizzera
Kunsthalle Marcel Duchamp è il museo più piccolo del mondo; s’affaccia sulle rive del lago Léman esponendo su due piani opere non più grandi di un pugno. Diretto da Stefan Banz e Caroline Bachmann, troneggia minuto nelle terre care a Marcel Duchamp da cui un po’ tutti da quelle parti hanno ereditato un’attitudine ridanciana e discola.
Zara Idelson è una pittrice trentenne cresciuta tra Ginevra (dove ha fatto propria una pacata nonchalance capace di portarla a distruggere qualsiasi capolavoro non la compiaccia del tutto) e la Cornovaglia, culla di astrattisti del mare e di foschi pensieri. Ne esce una pittura distante e tormentata, fatta di meravigliose, auree linee di profilo e rimandi a misteriosi pittori naïve.
Idelson, fanciulla selvatica, nuota vestita tra le papere nelle gelide acque del lago, pensa molto, ma di quel che pensa non parla quasi mai, stringendosi in privatissime elucubrazioni; le tele rispecchiano il suo ondoso moto psichico: brandelli di finestre e nuvole, cornici di scarabocchi, fanno del palinsesto il soggetto stesso della tela, che viene riscritta più e più volte come una pergamena cancellata su cui lasciare almeno una minima traccia del testo precedente.
akmd.ch