Sullo sfondo della vicenda di Mahmut, scavatore di pozzi, raccontata nell’ultimo romanzo di Orhan Pamuk in uscita per Einaudi, La donna dai capelli rossi, c’è di nuovo Istanbul, in questo caso la Istanbul degli anni Ottanta. Il premio Nobel turco è uno scrittore-città che ha vissuto tutta la sua vita nella metropoli sul Bosforo e le ha dedicato centinaia e centinaia di pagine nei suoi romanzi. «Io so che la mia ispirazione trae vigore dall’attaccamento alla stessa casa, alla stessa strada, allo stesso panorama e alla stessa città (…). Questo mio legame con Istanbul significa che il destino di una città può diventare il carattere di una persona», ha scritto Pamuk, appunto, in Istanbul, un libro autobografico sulla sua città. Ma Istanbul non è tutta la Turchia e Pamuk non è tutta Istanbul. La Istanbul, e quindi la Turchia, di Pamuk è quella dei (molto) ricchi tra cui è cresciuto, quella degli occidentalissimi e laicissimi abitanti dei palazzi con vista sul Bosforo, quella da cui, tra torrenti di raki e alcolici d’importazione, l’attaccamento alla tradizione è visto con sarcasmo: «La donna si chiamava Belkıs (…). Dopo il suo ingresso nell’alta società, chi le voleva male raccontava, per umiliarla, che sua madre portava il velo» (siamo a metà anni Settanta, in una pagina de Il museo dell’innocenza). Un mondo che – talvolta suo malgrado, almeno tra chi era davvero occidentale a ventiquattro carati – si è per decenni sentito le spalle coperte da un esercito occhiuto e interventista, custode dell’europeizzante ortodossia ataturkiana.
Poi ci sono “gli altri”, la povera gente, la grande massa, le donne con il foulard a coprire il capo. «Nel cortile della moschea di Teşvikiye vidi gli anziani che andavano lentamente alla preghiera del mattino. Tra loro c’era anche il portiere del palazzo di fronte che a Capodanno vendeva i biglietti della lotteria vestito da Babbo Natale», dice il protagonista del Museo, all’alba, dopo una nottata di bagordi. Il punto di vista di Pamuk, pur capace di abbracciare nel suo straordinario sguardo tutta la Turchia, tutte le Turchie, è sempre quello del quartiere altoborghese di Nişantaşı. Sempre, anche quando in Neve il set trasloca a Kars, cittadina derelitta incastrata tra i confini con l’Armenia e la Georgia. Sempre, anche quando nelle sue pagine, in cui si srotola la storia del Paese, entrano gli integralisti islamici, i nazionalisti di destra, i rivoluzionari di sinistra, gli ebrei, i greci, nonché i curdi e gli armeni di cui in Turchia sarebbe igienico non parlare mai, ma di cui Pamuk ha sempre parlato, con notevoli rischi per la sua incolumità penale e fisica.
È il punto di vista di chi ha visto man mano prevalere quelli che un tempo, pur essendo già maggioranza, erano considerati “gli altri”, i nuovi ricchi provenienti dall’Anatolia profonda e le masse che ricche non sono mai diventate, i periferici, i religiosi, quelli che non guardano a Occidente con gli occhi luccicanti, quelli che hanno trovato un capo nel sultanizzante Recep Tayyip Erdoğan, prima sindaco di Istanbul, poi premier, poi presidente.
→
Einaudi, 08/01/17
Dodici libri per l’anno che verrà
RICHARD FORD
Raccontare mommy&daddy
Between Them. Remembering My Parents spiega tutto già nel titolo: è un memoir che l’autore di Independence Day dedica ai suoi genitori.
→ Ecco/Harper Collins, 05/02/2017
NORMAN DAVIES
Il mondo senza il buon selvaggio
Native Lands racconta come si sono formati i popoli che vivono ad Abu Dhabi, Singapore, Tasmania, perfino nella “Repubblica del Texas”…
→ Allen Lane, 06/11/17
AI WEIWEI
Il mezzo e il messaggio
LAPRESSE
Le sue opere sono più note per il messaggio che per la forma. Il memoir, dove parla del padre poeta ai lavori forzati, potrebbe valere.
→ Crown Publishing, in primavera
ELIF BATUMAN
Turco-americana a Harvard
Ha scritto bellissimi saggi sugli scrittori russi. Il suo primo romanzo si chiama come un romanzo russo, The Idiot. Meta-culturale.
→ Penguin Random House, 14/03/2017
→ Einaudi, 2018
FREDRIK SJÖBERG
La carta e il territorio
Ultimo libro della trilogia dello svedese collezionista di mosche: in L’arte dela fuga si parla di Gunnar Widforss, pittore di paesaggi selvaggi americani.
→ Iperborea, settembre
HISHAM MATAR
Un memoir libico-sebaldiano
Ora che il despota è caduto, Il ritorno porta l’autore, firma del New Yorker, sulle tracce del padre, sparito nelle galere gheddafiane.
→ Einaudi, ottobre
HANIF KUREISHI
Il sospetto del filmaker
LAPRESSE
In The Nothing un regista anziano e malato sospetta una tresca della giovane moglie. Black humour.
→ Faber & Faber, 4/05/17
→ Bompiani, a fine primavera
EMMANUEL CARRÈRE
Saggistica in pillole
LAPRESSE
Il Regno era un mattone? Ecco i saggi brevi di un grande scrittore francese: Propizio è avere ove recarsi. Per chi legge in bagno…
→ Adelphi, in tarda primavera
PAUL AUSTER
Ritorno con opus magnum
Numeri. Titolo: 4 3 2 1. Pagine: 880. Anni dall’ultimo romanzo: 7. Trama: 1 protagonista con 4 diverse vite simultanee.
→ Henry Holt & Co, 31/01/17
→ Einaudi, ottobre
ZADIE SMITH
Il segreto del mio insuccesso
LAPRESSE
Due amiche ballerine, una geniale l’altra no. Quella geniale non ce la fa. Swing Time è un affresco su pop, Londra, Africa, ascese e declini.
→ Mondadori, 29/08/17
OLIVER MORTON
I problemi con le soluzioni
Il mondo nuovo, scritto dal caporedattore dell’Economist, racconta i guai ambientali ma anche come tentare di risolverli: con la tecnologia.
→ Il Saggiatore, 23/02/17
ANNE APPLEBAUM
Per sapere cosa fu l’Holodomor