File a 16 gradi sottozero, sale pazzesche, sezioni sempre nuove: la leggendaria rassegna del cinema indipendente creata tanti anni fa da Robert Redford, si mantiene giovane. Quest’anno, a Park City (Utah), dal 19 al 29 gennaio, il programma punta su film che parlano di disparità razziale, Siria e cambiamenti climatici
Il Sundance è Robert Redford, ovvio. Da quel lontano 1969, lui in coppia con Paul Newman, assalti ai treni e sparatorie, Butch Cassidy uno, Sundance Kid l’altro, appunto. Oggi Redford, non più kid ma splendido ottantenne, è padre-padrone del festival che ha creato: sua la conferenza stampa di apertura, sue (ancora) le linee guida – qualche anno fa tuonò contro Paris Hilton, in cerca di riflettori sulla neve dello Utah, espulsa con rosso diretto – sua, almeno in passato, anche qualche apparizione in concorso.
Park City, UT
Il Sundance è Park City, Utah, a gennaio: neve, freddo, montagne e valli tutto attorno, bianche, silenziose, sterminate. Il primo sguardo assonnato della mattina cerca il panorama fuori dalla finestra: per vedere se ha nevicato (probabile – e allora si benedice il raschiaghiaccio montato su un lungo braccio di plastica che è l’unica dotazione basic di qualsiasi auto noleggiata all’aeroporto) o se splende un meraviglioso sole sulle cime bianche. Tanto nel primo quanto nel secondo caso le temperature comunque non fanno sconti, impietose: normale un -16°C mattutino, che accompagna alla prima proiezione, il clima s’addolcisce durante il giorno per tornare poi rigido in serata, magari da trascorrere in fila, ordinati ma infreddoliti, fuori dalla sala per la proiezione della mezzanotte. Lo sponsor che distribuisce passamontagna in lana, l’organizzazione che non fa mai mancare una borraccia, perché magari bere non sembra l’idea del secolo e invece restare idratati a queste temperature è importante. Cinema ma non solo, a Park City, sede olimpica invernale nel 2002 e ancora oggi capitale di chi ama mettersi ai piedi sci e snowboard. Un unico ski pass per quasi trecentomila metri quadrati di piste, l’hub bianco più grande di tutti gli Stati Uniti. Nei giorni del festival – dal 19 al 29 gennaio, quest’anno – sui bus che vanno avanti e indietro per le strade innevate chi non ha un pass al collo ha gli scarponi ai piedi e gli sci, o la tavola, in mano.
Le sezioni
Il Sundance poi sono le sue sezioni meno conosciute, perché se è vero che tra le Premieres e le due principali competizioni – Documentaries & Dramatic – si annidano i titoli con più chance di trovare una distribuzione (e arrivare poi nelle sale, in America o nel mondo), è nelle sezioni minori che pulsa ancora forte il cuore del festival, dove «la diversità è frutto dell’indipendenza», a sentire proprio Redford. Ecco allora Next, dove negli ultimi anni sono passati gioiellini come The 4th (2016), Tangerine e James White (2015), lo stralunante esordio di Ana Lily Amirpour A Girl Walks Home Alone at Night o il sottovalutato Imperial Dreams (2014). Oppure le stranezze di Park City at Midnight, sezione per palati forti e orizzonti allargati, dall’horror al bizzarro, che l’anno scorso ha ospitato il (deludente) ritorno di Kevin Smith con Yoga Hosers ma in passato ha proiettato il sesso estremo di Kink (2014) o la catarsi collettiva dei rave istituzionalizzati di Under the Electric Sky (2013). Negli ultimi anni poi due sezioni, New Frontier e Special Events, stanno reclamando sempre più attenzione. La prima ponendo l’attenzione soprattutto sulla virtual reality – festeggiato il decennale la scorsa edizione, sono 16 i progetti VR in cartellone anche quest’anno; la seconda contaminando sempre più cinema e tv, con le anteprime delle serie da piccolo schermo più attese, spesso firmate da grandi autori (Andrew Jarecki che dirige The Jinx: The Life and Deaths of Robert Durst nell’annata di esordio della sezione, il 2015; oppure l’anno scorso J.J. Abrams con la prima puntata di 22.11.63, Steven Soderbergh che serializza il suo The Girlfriend Experience, Charlie Kaufman che accompagna il pubblico del Sundance con Behind the Scenes of Anomalisa).
Le sale
Ma il Sundance, forse più di tutto il resto, sono le sue sale. A partire dall’Egyptian Theatre, ovviamente, su Main Street. La prima, la più storica, il nome (e l’architettura) dovuto alla Egyptian craze in voga negli Stati Uniti a inizio Novecento, quando soprattutto all’Ovest sembrava d’obbligo rifarsi alla classicità dei faraoni. Piccola (318 sedute), dal marquee inconfondibile, sul pendio della strada che taglia in due il cuore di Park City, facendola sembrare oggi come ieri un angolo quasi dimenticato di wild West, se non fosse per i ristoranti e le eleganti boutique al posto di vecchie locande e saloon. Ospita film in concorso, rumorose proiezioni allo scoccare della mezzanotte ed eventi speciali: seduto tra il pubblico lo scorso gennaio Richard Linklater ha raccontato live il suo seminale Dazed and Confused (da noi La vita è un sogno) mentre sullo schermo scorrevano le immagini. C’è il Prospector – nome completo: Prospector Square Theatre – non lontano dal quartier generale del festival, graziosa struttura in legno più simile a un caldo chalet di montagna che a una sala cinematografica. Il camino nell’atrio, una selezione dei meravigliosi poster delle passate edizioni del festival alle pareti, offre una buona programmazione notturna (si trova spesso un film dalle 23.30 in poi) che lo rende il luogo di incontro prediletto per chi ancora non ha voglia di andare a dormire. Poi c’è, soprattutto, l’Eccles Theatre, simbolo del successo del festival, perché solo quindici anni fa non esisteva e ora vede i suoi 1.270 posti riempirsi freneticamente, tutti necessari dal primo all’ultimo, perché mamma Eccles accoglie tutti, smaltendo quasi miracolosamente waiting list che sembrano infinite. Sorge di fianco a un liceo, e il parcheggio è quello della scuola, utilizzabile quindi solo il sabato e la domenica. Le file che si formano all’esterno sono le più lunghe, anche perché è all’Eccles che spesso vengono proiettate le premieres con attori e registi in sala – indimenticabile la standing ovation al termine di Boyhood, tre inverni fa, o quella tributata a The Birth of a Nation lo scorso gennaio – e seppur congelata da temperature proibitive una piccola dose di showbiz la prevede anche il Sundance.
Il SFF 2017
L’edizione 2017 vede almeno tre tematiche dominanti che coagulano attorno a sé titoli e sguardi diversi. Si parla, molto – e non potrebbe essere altrimenti – di disparità razziale, Black Lives Matter, Ferguson e dintorni, soprattutto nell’offerta di documentari ma con titoli che trovano spazio anche in altre sezioni. Si puntano decisi i riflettori sulla situazione siriana, con sguardi sia Made in Usa che locali (e co-produzioni europee). Si inaugura infine una sotto-sezione specifica – The New Climate – che raggruppa tutte le pellicole dedicate in qualche modo agli scottanti e sempre attuali temi del cambiamento climatico e dell’impatto ambientale, «a me cari da ormai più di quarant’anni», dice Robert Redford. Degli oltre quattromila lungometraggi arrivati al vaglio di John Cooper, il direttore del festival – fifty/fifty dagli Stati Uniti e dal resto del mondo – ne vanno in sala centotredici, novantotto dei quali mostrati in anteprima mondiale. Il cartellone vede trentadue Paesi rappresentati (il palermitano Luca Guadagnino porta nella sezione Premieres Chiamami col tuo nome, produzione italo/francese per l’adattamento del famoso romanzo di André Aciman) e la bellezza di trentasette registi esordienti. Perché il Sundance Film Festival non vuole smentirsi e vuole continuare a dar spazio a voci diverse: se son nuove, tanto meglio.
I titoli più attesi di quest’anno, docu-serie, docu-corti, docu-tutto. Ma anche un po’ di fiction
A Ghost Story
Next
di David Lowery
con Casey Affleck, Rooney Mara
Dal regista dell’apprezzatissimo sundancer Ain’t Them Bodies Saints (presentato nel 2013) arriva una stramba storia di fantasmi, per mesi “progetto segreto” tanto chiacchierato e ora finalmente svelato.
City of Ghosts
U.S. Documentaries
di Matthew Heineman
Una coraggiosa storia di citizen journalism, quella del gruppo Raqqa is Being Slaughtered Silently che dalla Turchia denuncia l’occupazione del governatorato siriano da parte dall’ISIS, narrata dal regista di Cartel Land
Gook
Next
di Justin Chon
con Justin Chon, Simon Baker,
David So
Siamo di nuovo a South Central, L.A., nei giorni dei riots del 1992: come Ryan Gattis sulle pagine di Giorni di fuoco, il lavoro di Justin Chon mantiene viva l’attenzione su problemi (razziali) mai risolti.
Long Strange Trip
Documentary Premieres
di Amir Bar-Lev/strong>
Interviste inedite e immagini mai viste per far luce su una della band più leggendarie e amate di sempre: i Grateful Dead.
Rebel in the Rye
Premieres
di Danny Strong
con Nicholas Hoult, Sarah
Paulson, Kevin Spacey
Il Salinger degli inizi – tra l’amore per Oona O’Neill e l’impegno nell’esercito durante la Seconda guerra mondiale – prima della stesura del suo capolavoro, Il giovane Holden.
The New Radical
U.S. Documentaries
di Adam Bhala Lough
Sono semplici criminali o moderni paladini della libertà? Una nuova generazione di hacker è più politicizzata che mai, e per loro la Rete resta l’ultima frontiera della ribellione.
Water & Power: A California Heist
U.S. Documentaries
The New Climate
di Marina Zenovich
Tutta la corruzione dietro alla crisi idrica dello Stato della California raccontata da Marina Zenovich, già apprezzata a Park City col suo lavoro Roman Polanski: Wanted and Desired.
An Inconvenient Sequel
Documentary Premieres
The New Climate
di Bonni Cohen, Jon Shenk
Un decennio dopo Una scomoda verità, Al Gore torna a esortare il genere umano a prendere in mano con passione il proprio destino, ora che siamo prossimi alla vera rivoluzione energetica.
Columbus
Next
di Kogonada
con John Cho, Haley Lu
Richardson, Parker Posey
Perché non c’è Sundance senza Parker Posey, per anni volto (splendido) del cinema indipendente americano. Qui diretta da Kogonada, che si è fatto un nome nel mondo dei video-essay ed è ora pronto all’esordio.
I Love Dick
Special Events
di Jill Soloway, Andrea Arnold,
Kimberly Peirce, Jim Frohna
con Kevin Bacon, Kathryn Hahn,
Griffin Dunne
Gli stessi autori – a partire da Jill Soloway – di Transparent, e già questo dovrebbe essere garanzia di qualità. La prossima serie tv (al femminile) da non perdere?
Nobody Speak: Hulk Hogan,
Gawker and Trials
of a Free Press
U.S. Documentaries
di Brian Knappenberger
Il celeberrimo caso del sex-tape del famoso ex wrestler pubblicato da Gawker, della battaglia per il rispetto del primo emendamento e del ruolo oscuro giocato da Peter Thiel, fondamentale per il fallimento del sito di gossip.
Roxanne, Roxanne
U.S. Dramatic
di Michael Larnell
con Chanté Adams, Nia Long,
Mahershala Ali
Una delle prime beef nella storia dell’hip-hop, quella che vede protagonista la 14enne Roxanne Shanté tra i projects di Queensbridge. Nel cast anche Mahershala Ali, reduce dal successo di Moonlight.
The Yellow Birds
U.S. Dramatic
The New Climate
di Alexandre Moors
con Alden Ehrenreich,
Tye Sheridan, Jennifer Aniston
Se ne parla già come di un possibile favorito: la guerra in Iraq chiama al fronte due amici, ma solo uno tornerà a casa. Sul destino dell’altro, scomparso, solo tante, troppe domande.
Whose Streets?
U.S. Documentaries
di Sabaah Folayan
Attivista prima ancora che artista, Folayan si tuffa nel cuore di Ferguson, Missouri, all’indomani dell’uccisione di Michael Brown, per raccontare le tensioni razziali che spaccano in due gli Stati Uniti.
Chasing coral
U.S. Documentaries
The New Climate
di Jeff Orlowski
Dopo aver messo i riflettori sullo scioglimento dei ghiacci artici (Chasing Ice), Orlowski racconta la minaccia che incombe sulle barriere coralline, parte fondamentale dell’ecosistema marino.
Come Swim
U.S. Narrative Short Films
di Kristen Stewart
con Josh Kaye, Sydney Lopez
L’esordio alla regia in questo corto di 17 minuti dell’attrice famosa per la saga di Twilight è impreziosito dalla colonna sonora di St. Vincent. Profumo di culto.
Last Men in Aleppo
World Cinema Documentary
di Feras Fayyad, Steen Johannessen
Il dramma di Aleppo visto attraverso gli occhi di Khaled, Mahmoud e Subhi, tre volontari che fanno parte dei Caschi Bianchi siriani, l’organizzazione di difesa civile alle prese col brutale conflitto.
Project X
Documentary Short Films
di Laura Poitras, Henrik Moltke
L’ultimo lavoro di Laura Poitras, artista e regista, premio Oscar per il documentario Citizenfour su Edward Snowden e sullo scandalo spionistico della Nsa.
Take Every Wave:
The Life of Laird Hamilton
Documentary Premieres
di Rory Kennedy
La storia del più leggendario big wave surfer, dai suoi inizi alle Hawaii a una carriera che lo ha reso una delle figure più riconosciute e radicali del mondo del surf.
Time: The Kalief Browder Story
Special Events
di Jenner Furst
Una docuserie in sei episodi prodotta anche da JAY Z racconta la storia di Kalief Browder, ingiustamente accusato e detenuto, poi suicida. Vengono presentati i primi due capitoli della serie.