I GRUPPI CHE SI CONFRONTANO SUL CAMPO E FUORI DAL CAMPO
Fronte governativo
Il fronte governativo è formato dall’esercito siriano e da gruppi paramilitari di volontari pro-regime noti come Forze di difesa nazionale. Il regime di Assad è appoggiato dall’Iran, dalla Russia e da Hezbollah, il gruppo armato sciita con base in Libano.
Gruppi antiregime
Gli oppositori al regime si dividono in decine di formazioni minori, ma è possibile individuare cinque macrogruppi:
Isis
L’Isis ha proclamato il Califfato, che si estende su territori siriani e iracheni, e predica la guerra totale contro chiunque si opponga a questo progetto.
Gruppi ribelli islamisti non terroristi
In Siria combattono gruppi islamisti moderati, legati ai Fratelli musulmani, ed estremisti, tra cui Ahrar al Sham e Jesih al Islam. Talvolta la loro azione si intreccia con quella dell’Esercito libero o con quella del Fronte per la conquista del Levante. Sono appoggiati da Arabia Saudita e Qatar.
Esercito libero di Siria
È una galassia di gruppi armati poco coordinati fra loro. Nato nel 2011 e originariamente laico, l’Esercito libero è formato da milizie con diversi orientamenti. Riceve aiuti militari ed economici dalla Turchia ed è appoggiato anche dagli Stati Uniti e dai loro alleati occidentali.
Fronte per la conquista del Levante
Il nome arabo del Fronte è Jabhat Fateh al Sham. In passato si chiamava Jabhat al Nusra ed era la sezione locale di al Qaida. Di recente ha rivendicato l’autonomia dalla “casa madre”. Jihadista e terrorista, il Fronte è in forte competizione con l’Isis. Riceve aiuti, finanziamenti e combattenti attraverso gli stessi canali che alimentano al Qaida.
Forze democratiche siriane
Le Unità di protezione popolare (Ypg) del partito curdo Pyd guidano questa alleanza formata anche da miliziani arabi e appartenenti a minoranze etniche o religiose (assiri, armeni, circassi eccetera). I curdi hanno obiettivi separatisti e combattono soprattutto l’Isis. Il Pyd-Ypg gode dell’appoggio dei Paesi occidentali.
AMICI, NEMICI E ALLEATI
LA CRISI DEL SETTIMO ANNO
2011
La notizia dell’arresto di alcuni ragazzi accusati di aver fatto graffiti politici antigovernativi scatena proteste popolari con epicentro a Dar’a. Le manifestazioni contro il regime dittatoriale di Bashar al Assad si estendono poi a molte altre zone del Paese e sembrano seguire l’onda della cosiddetta Primavera araba. La repressione è durissima e si registrano le prime azioni armate da parte di gruppi ribelli. L’Unione europea, gli Stati Uniti e altri Paesi stabiliscono le prime sanzioni contro il regime.
2012
Il conflitto tra il regime e i ribelli si estende. Gli scontri armati coinvolgono anche la capitale Damasco e soprattutto Aleppo, la più grande ed economicamente più effervescente città siriana, in cui si inizia a combattere “la madre di tutte le battaglie”. Aumenta il protagonismo del Fronte al Nusra, la sezione locale di al Qaida.
2013
Gli Stati Uniti dichiarano che con l’uso di armi chimiche il regime di Damasco ha oltrepassato una linea rossa e minacciano un intervento diretto (che poi non ci sarà). Le forze ribelli legate al jihadismo sottraggono al controllo governativo l’importante città di Raqqa, ma intanto aumentano i dissidi interni tra i fedeli ad al Qaida e i seguaci di al Baghdadi, capo del’Isis. L’appoggio dei militanti libanesi sciiti di Hezbollah ad Assad, richiesto da Teheran, si rivela decisivo nella riconquista della città di Qusair.
2014
L’Isis proclama la nascita del Califfato che si estende su ampie zone della Siria e dell’Iraq controllate dagli uomini di al Baghdadi. La “capitale” siriana dell’Isis è Raqqa. La coalizione guidata dagli Stati Uniti conduce bombardamenti aerei sulle postazioni dell’Isis, che si è impossessato di importanti giacimenti petroliferi.
2015
Dopo una lunga battaglia, le forze curde strappano all’Isis la simbolica città di Kobane. L’autoproclamato Califfato, invece, conquista Palmira che, dopo alcune distruzioni inflitte dall’Isis ai suoi gioielli archeologici, nel 2016 sarà riconquistata e poi nuovamente persa dall’esercito di Assad. Intanto le forze governative, che sembravano in grave crisi, ricevono un aiuto determinante dall’avvio dei raid aerei russi e dagli sforzi degli alleati di Assad appartenenti al mondo sciita: l’Iran e Hezbollah.
2016
I curdi stabilizzano le loro posizioni. Ankara interviene direttamente nel conflitto con l’intento di spezzare la continuità territoriale dell’area controllata dai curdi lungo il confine con la Turchia. L’Isis patisce qualche arretramento. La lunghissima battaglia per il controllo di Aleppo vede prevalere le forze filogovernative.
2017
Schierate su fronti opposti ma in cerca di analogo protagonismo, la Russia e la Turchia nel dicembre 2016 erano riuscite a tessere un cessate il fuoco (che non coinvolgeva né l’Isis né altre sigle jihadiste e terroriste e che non è stato un granché rispettato neppure da chi lo ha sottoscritto). Sulla base di questa tregua, Mosca e Ankara patrocinano, in accordo con l’Iran, i negoziati di Astana in Kazakistan a cui sono invitati gli emissari del governo di Damasco e i portavoce di alcuni dei gruppi ribelli.