Assange, Julian. I fan non si accontentano della definizione più rigorosa: scassinatore. No. Loro vogliono: «Warrior for Truth», l’ultimo dei difensori dei diritti civili, il nemico pubblico numero uno. Stando ai fatti, la biografia di Assange diventa meno epica di quella che vorrebbero: soggetto con tare paranoiche indefinite e una precisa agenda politica, oltre all’imputato di lusso che probabilmente ha trasformato Amal Alamuddin in Amal Clooney. «Il più famoso rifugiato dei nostri tempi», ha dichiarato la sua forse fidanzata sul blog, Pamela Anderson.
Capelli bianchi e sorriso di vetro, Assange è a Londra, ambasciata dell’Ecuador. Rinchiuso, ma con la mano – dice lui – su un grilletto (imprecisato). Un uomo che può ricattare è un uomo che non ha ancora perso tutto.
Saggio è l’uomo che sa quando bisogna esser tranquillo, la prudenza è pur coraggio
«Non sarebbe poi tanto male se ci fosse qualcosa per distinguere i buoni dai cattivi,» scrive Céline. E invece per farti un’idea di qualcuno sei costretto ad aspettare il futuro.
Per Assange, però, ultimamente si è costretti a fare un’eccezione alla libertà dal pregiudizio. Va pure ammesso che una guerra informatica e anonima di questi tempi è un’impresa non proprio irrealizzabile, e un paladino della Rete è un guerriero con pochissimi privilegi d’arme: non può essere giudicato dall’impegno a postare, ma dai risultati. Per ora Robin Hood si è limitato a rubare per sé: il mondo non è troppo cambiato in meglio da quando c’è WikiLeaks, da quando c’è WikiLeaks è cambiata solo WikiLeaks. Ora è una superpotenza del giustizialismo alla buona: approssimazioni, certe vigliaccherie, è così che il vecchio KGB ha manipolato le elezioni negli Stati Uniti. I corsari dell’internet per il momento generano post truth, o mostri, per chi preferisce i nomi vecchi anche se le cose sono nuove e fanno disperare.
La ragazza del bandito
Pamela Anderson. «Pamela mi piace, è una persona grandiosa, ma non intendo entrare in dettagli privati», ha detto Assange. E ha aggiunto: «Negli ultimi anni ha fatto più lei per farmi uscire da questa situazione che quattro premier australiani messi insieme». Era C. J. in Baywatch, la ragazza irreale e americanissima col costume rosso. Pamela Anderson appartiene all’alto medioevo delle serie tv, è venuta prima che gli autori decidessero per la selezione all’ingresso, era il periodo in cui la televisione mirava in basso: si contavano gli spettatori, del successo di critica non si sospettava l’esistenza. Finiti i cinque anni di gloria a disposizione di ogni personaggio, Pamela si è sfilata il costume e ha ripiegato sull’impegno. Prima la campagna animalista, poi è venuto il blog, quel diario poco segreto scritto su internet, il videogame dell’opinione che negli ultimi anni era dato per finito (e invece funziona ancora, e se funziona proprio bene diventa il tuo microclima politico: organizza il piedistallo con qualche amico e diventerete un partito).
Assange & Anderson è stata una fusione tra marchi: la cosa più significativa degli anni Dieci si è fidanzata con la cosa più enormemente anni Novanta che c’era in circolazione.
Quelli presi da amore: del bene fatto, quietata la passione, si pentono
Finché resti da solo, nessuno ti negherà la possibilità di passare ulteriormente inosservato. In coppia no. In coppia chiunque diventa interessante. Ogni innamoramento è soggetto – che gli innamorati lo sappiano o no – a disapprovazione tacita: il pubblico ama saggiare la qualità della relazione, la tenuta, la sincerità degli associati. Controlleremo spesso anche se siete in grado di salvare le apparenze di felicità. Per Julian e Pamela la sentenza è stata rapida e senza appello: secondo la ragion pratica sentimentale gli opposti si attraggono ma non proprio dagli estremi, i.e., anche per dirsi «ciao» servirebbe qualche somiglianza. Nel nostro caso: i due non avrebbero le carte per stare insieme.
Eppure, eppure. «Julian sta provando a liberare il mondo e io lo amo per questo», ha spiegato lei. Potremmo quasi sentire una fitta di simpatia, a non sapere il resto.