Come Google Earth e simili, ma cinquecento anni prima. Macchina del tempo: se sei nato tra XVI e XVI secolo e vuoi pianificare viaggi e commerci, conoscere o semplicemente fantasticare, allora devi perderti tra le sontuose pagine del Civitates Orbis Terrarum, il primo, celeberrimo atlante dedicato alle città del mondo. Concepito come complemento al più omnicomprensivo Theatrum Orbis Terrarum (il precursore di tutti gli atlanti, redatto da Abraham Ortelius e stampato nel 1570), contiene 363 vedute di tutti i maggiori centri urbani d’Europa, con divagazioni in Asia, Nord Africa e America Latina.
Viene pubblicato in sei volumi tra il 1572 e il 1617 ed è il risultato di un’impresa editoriale pionieristica che vede la partecipazione di più di cento persone tra cartografi, incisori e collaboratori vari. A coordinare i lavori è Georg Braun, un chierico di Colonia con una verace passione per la topografia. Confortato dal continuo supporto di Ortelius, l’editore e caporedattore Braun raccoglie le fonti, assume gli illustratori, compila la maggior parte dei testi introduttivi alle tavole e delle didascalie. Morirà ottuagenario nel 1622: unico sopravvissuto del team originario, il solo a poter vedere la pubblicazione dell’ultimo tomo dell’opera.
L’edizione che sfogliamo è in latino, molto ben conservata, con una bellissima legatura francese di inizio Diciottesimo secolo. È custodita negli uffici milanesi di Bolaffi in attesa che vada all’incanto giovedì 22 giugno; a mostrarcela, Annette Pozzo, specialista di libri antichi, manoscritti e autografi per la casa d’aste, che ha “strappato” l’opera al suo proprietario dopo una lunga opera di convincimento: «Sul mercato si possono anche trovare volumi con le vedute colorate a mano, ma è praticamente impossibile rintracciare l’intera opera come in questo caso».
Non fa in tempo a essere pubblicato che il Civitas Orbis Terrarum diventa un best-seller. È una novità assoluta adatto a soddisfare un bisogno crescente: inclini a pensare che la vita concentrata nelle città sia un connotato della nostra età contemporanea, dimentichiamo che già a quell’epoca tutto quello che è società, politica ed economia prende forma all’interno dei perimetri urbani. Alla fine del Cinquecento, c’è un sacco di gente che per un motivo o per l’altro vuole sapere, conoscere; il Civitates è lo strumento giusto. Lo stile pittorico delle vedute attira un pubblico ancora più vasto, meno colto. Ogni volta che esce un volume, si provvede alla ristampa dei precedenti.
Come raccontano da Bolaffi, l’opera spicca per ricchezza dell’apparato cartografico-iconografico, cura tipografica ed editoriale, dovizia e attendibilità delle informazioni storico-geografiche e di quelle politico-economiche coeve. Basta consultarla anche per breve tempo per averne la prova. Mappe, prospetti, vedute a volo d’uccello: da Mosca a Città del Messico passando per Londra, Parigi, Milano, Roma, Gerusalemme. In totale, le città raccontate dal Civitates sono ben 543. Nella fase di progettazione, fonti e materiali vengono raccolti da Braun grazie a un’intensa corrispondenza con venditori di mappe e studiosi sparsi tra i Paesi interessati, mentre i collaboratori coinvolti svolgono le loro ricerche in autonomia e spesso sul luogo, con illustrazioni delle città realizzate da punti panoramici o alture. Tra questi, va ricordato il pittore fiammingo Georg Hoefnagel, che non solo visita Francia, Italia, Inghilterra e Spagna, ma interviene e modifica il lavoro degli altri contributors. Il tutto veniva poi affidato alle cure di Frans Hogenberg – da ricordare come il co-autore dell’atlante – che realizzava le lastre per la stampa. Il risultato è coerente, unitario nello stile e nella resa.
La veduta della città è di solito posta in secondo piano, mentre sul proscenio della tavola vengono collocati la descrizione delle campagne circostanti, scene ambientate nelle aule di giustizia, personaggi in abiti tradizionali. La quantità di materiali raccolti nell’atlante è – per gli standard dell’epoca – impressionante. Particolare curioso: la decisione di inserire le figure di uomini e donne del tempo non nasceva esclusivamente da esigenze informative, ma dal convincimento (espresso da Braun nell’introduzione all’opera) che così facendo i Turchi non avrebbero potuto compulsare il Civitates a fini militari, proibendo l’Islam la rappresentazione umana.
Il successo dell’opera è, come detto, clamoroso; nelle epoche a seguire viene ripubblicata più volte, le singole mappe diventano classici riprodotti nei più diversi formati in libri e stampe destinate a raccolte private, per gli appassionati del genere e gli amanti delle arti minori.
L’edizione custodita da Bolaffi partirà da una base di 50mila euro, ma visto che il lotto è particolarmente pregiato alla casa d’aste sperano che arrivi molto più in alto.