Molti filosofi analizzano il “potere” altrui. Il loro, invece, lo coltivano
Una fisiognomica un po’ visionaria potrebbe riconoscere nello strabismo di Jean-Paul Sartre una metafora della sua figura intellettuale: un occhio è rivolto alla ricerca della conoscenza, ed è spesso di una fissità vitrea; l’altro, mobilissimo e inquieto, è diretto al pubblico, ed è l’occhio intento alla costruzione del prestigio, del carisma, in una parola del potere. Lo strabismo metaforico di Sartre si è trasmesso anche a intellettuali con gli occhi ben allineati. In un pamphlet del 1979 contro Jacques Lacan, François George scriveva che il valore intrinseco della sua teoria è trascurabile rispetto a quel che permette di creare: una struttura di potere.
«Il suo rapporto con la verità è secondario rispetto al suo rapporto con i destinatari che occorre sedurre, coartare, dominare».
Tutto si può mettere in discussione allora, salvo il fondamento nascosto di quel potere: ed è ciò che faceva George. Ecco ora un altro capitolo nella lotta illuministica agli arcana imperii:
«Foucault relativizza tutto, salvo il proprio discorso»,
scrive Jean-Marc Mandosio in un pamphlet non meno arguto di quello di George, Longevità di un’impostura: Michel Foucault. Lo pubblica l’editore Enrico Damiani al termine di un’odissea editoriale italiana e dopo anni di semiclandestinità in Francia. Mandosio sceglie Foucault perché è il
«meno manifestamente delirante»
tra i padri della French Theory, ma le sue idee gli paiono per lo più luoghi comuni tirati a lucido per via retorica, tautologie, formulazioni di esasperante imprecisione, giochi delle tre carte. Magistrale è invece la gestione che Foucault seppe fare della propria influenza accademica e politica, mantenuta in vita per mezzo di continui opportunismi e riallineamenti, e protetta da una folta progenie intellettuale che seguita ad amministrarne occhiutamente l’eredità. Smascherare i dispositivi di sapere-potere su cui si regge il carisma intellettuale, ecco un’impresa foucaultiana che solo un anti-foucaultiano poteva compiere. Perché spesso sapere e potere sono divaricati come gli occhi di uno strabico: per cercare l’uno devi rinnegare l’altro.