Luca Bertolo: Le Belle Parole
Dal 23 settembre all’11 novembre 2017. SpazioA, Pistoia
Luca Bertolo (1968) ha stilizzato la malinconia, sbiadendo vasi di fiori e applicando, sopra i loro fantasmi, crogioli di verde vescica. “Painters’ painter,” ha dipinto trompe-l’œil di bandiere nazionali sopra trompe-l’œil di tavolozze; ha ritratto il maestro belga Roger Raveel come Roger Raveel ritrarrebbe il ricordo di sé se qualcuno, in Paradiso, gli desse un tubetto di bianco.
Bertolo ha difeso la pittura, anche con la penna, in anni in cui in Italia chi lo faceva si contava sulle dita di una mano. Ha affondato le mani in decine di stili diversi per esprimere idee e storie che in un unico stile non potevano essere presentate (sempre trasmettendo il succo grigiopurpureo della propria anima, qualsiasi mano calzasse), e ha così infranto uno dei più danarosi e opportunistici tabù dell’arte contemporanea: il dovere di essere sempre uguali a se stessi. L’imperdibile mostra Le Belle Parole, traduzione di una formula Guaranì per rivolgersi agli dei, s’interrogherà su come ritrovare oggi l’attimo della rivelazione.
spazioa.it
Louise Bourgeois: An Unfolding Portrait
Dal 24 settembre 2017 al 28 gennaio 2018. MoMA, New York
Il MoMA presenta le incisioni di Louise Bourgeois, contestualizzandole tra le opere più conosciute dell’artista per un totale di 220 lavori in mostra.
Bourgeois è nota al grande pubblico per i capolavori autobiografici La distruzione del padre, ambiente cupo e arterioso, una bocca pronta a divorare il padre adultero e insultante; e Spider, immenso ragno, simbolo positivo della madre intelligente e pronta a tutto. Bourgeois (1911-2010) ha lavorato alla distorsione della massa biomorfa, sempre tendendo la materia con la languida lentezza di chi prova piacere creando per non uccidere godendo.
Era stato il maestro Fernand Léger a rivelarle che il suo futuro sarebbe stato la scultura, non la pittura; tuttavia Bourgeois continuò a incidere e disegnare quelle stesse forme dell’insonnia.
Su carta diventarono linee strascicate, a tratti frenate, confluenti in pozze d’inchiostro e poi strette scie di sangue, di amore per la madre ormai lontana nel tempo, di odio per quel padre che fu con lei esattamente fino alla fine.
moma.org
George Schneeman: Going Ape
Fino al 4 novembre 2017. Pavel Zoubok Gallery, New York
La mostra presenta dipinti e ceramiche di George Schneeman (1934-2009), l’artista dal cuore diviso tra New York e Siena che collaborò con i poeti della St. Mark’s Church in-the-Bowery e che risuscitò la tecnica dell’affresco in una misteriosa fratellanza con Piero della Francesca.
Collaborare per Schneeman significava sedersi al tavolo con un poeta amico e, in una serie d’incontri seri e dedicati, offrire alla parola la preziosità d’essere dipinta. Alla pittura è dato compito di duellare con la parola, minandone il contesto ed esaltandola nella grafia. In Going Ape, una collaborazione con Bill Berkson, è scritto «chicken shit off the boards», «going», «ape», «Flopping Egads», ma il pensiero dello spettatore non legge nulla di tutto ciò, perché il significato di queste parole si democratizza a quello della macchia gialla dipinta, del groviglio nero, del fiorellino; sarà piuttosto la macchia gialla a caricarsi di qualcosa di apish e il rosa del fiore acquisirà un’andatura perché going gli è vicino.