Esisterà mai un ballo di coppia che abbia come sfondo la musica elettronica contemporanea? La grande rassegna torinese ci spera e, nell’attesa di un liscio e una bachata 5.0, dedica la nuova edizione (dal primo al 7 novembre) al “guancia a guancia”
Un qualità di direttore artistico di Club To Club – festival incluso in modo un po’ sbrigativo tra gli eventi di musica elettronica, ma che cerca ogni anno un possibile punto di equilibrio tra avanguardia e cultura pop – mi sono spesso chiesto come cambierebbero gli show musicali se le persone del pubblico ballassero in coppia, o se gli artisti includessero nei loro spettacoli dei momenti da far condividere in due. Non mi riferisco necessariamente ai lenti o a Reality in Il tempo delle mele – Sophie Marceau che, in pieni anni Ottanta, ascolta nelle cuffiette il brano cantato da Richard Sanderson mentre tutti intorno si scatenano in danze sfrenate. Penso piuttosto a “guancia a guancia” anche veloci, vivaci, con salti e giri.
Cheek To Cheek è il sottotitolo-esortazione della nuova edizione del nostro festival, a Torino dal primo al 7 novembre. Il punto di partenza è che, tra le conseguenze della contemporaneità, c’è la ridefinizione delle esperienze collettive. La rivoluzione digitale ha polverizzato le nozioni di spazio e tempo, così come il clima politico ed economico ha detonato quello di popolo. Sono temi su cui anche IL ragionava, qualche mese fa, in un articolo firmato da Francesco Pacifico. Le forme di partecipazione si sono ridotte a quelle di un individualismo di massa, in cui la collettività viene esperita in solitudine. Anche il ballo tende a essere spesso considerato e vissuto così: come una dimensione puramente individuale in un contesto massificato.
Nella società distopica rappresentata nel film The Lobster, una gelida Lea Seydoux sentenziava: «Balliamo tutti da soli. Per questo ascoltiamo solo musica elettronica». La realtà non è poi così distante: ascoltiamo e assecondiamo la nostra musica in solitudine. Non sarebbe meglio cambiare? Qualche mese fa, al Club To Club di Milano organizzato al Gucci Hub, Alejandro Ghersi (in arte Arca, venuezelano, nato nel 1989, producer per Björk e assoluto riferimento dell’attuale panorama elettronico mondiale) ha interrotto lo show per invitare il pubblico a una condivisione allargata di quell’esperienza: «Face each other. Kiss each other. Hold each other.Love each other. F*** each other», ha urlato. Mancava solo un «Dance each other» e tutto sarebbe stato perfetto.
Un altro esponente di primo piano della moderna scena musicale, nonché figura essenziale nella definizione di un nuovo genere di artista, è Nicolas Jaar, classe 1990, anche lui latino-americano come Arca. Jaar mi ha confessato che «ballare cheek to cheek è ora necessario più che mai», aggiungendo in maniera un po’ enigmatica: «L’universo è più vicino, se vissuto guancia a guancia».
Daniele Mana è un artista torinese che ha pubblicato per l’etichetta di Jaar, e recentemente è stato messo sotto contratto dalla seminale Hyperdub di Kode9 (la stessa label del più noto Burial, per intenderci). In modo più articolato, ma sulla scia del collega cileno, ecco quello che mi ha detto: «Ho sempre visto la danza come la propagazione armonica della musica e di tutte le vibrazioni che essa genera. Per molti, il primo e unico approccio al ballo è legato ai rave e poi alla club culture, dove il sound system è il veicolo di un linguaggio fatto di empatia e unione tra perfetti sconosciuti. Tramite la coppia, secondo me, il singolo si sincronizza con un insieme più vasto di corpi e suoni. Il ballo accresce la coscienza sociale e di appartenenza a un’unica massa di persone diverse tra loro che imparano, tramite la musica, a condividere e unirsi in un luogo e in uno spazio di pulsazioni anche animali».
Sulla catarsi generata dalla dimensione a due potremmo arrivare a scomodare il Fred Astaire di Cappello a cilindro (1935), che ballando con Ginger Rogers cantava: «Heaven, I’m in Heaven. And my heart beats so that I can hardly speak. And I seem to find the happiness I seek. When we’re out together dancing cheek to cheek»; oppure ricordare Alex Moore, che nel suo fondamentale Ballroom Dancing, scritto nel 1939, analizzava attraverso 93 diagrammi il valzer, il foxtrot e il tango. Ora, senza scavare troppo nel passato, quello che mi sto chiedendo è: possiamo immaginare un nuovo stile di ballo di coppia che abbia come “sfondo” la musica elettronica contemporanea?
Mentre cerchiamo una risposta, qui a Club To Club abbiamo realizzato per il festival un progetto grafico con statuine in ceramica di figure danzanti, due a due; oggetti che rimandano a un immaginario familiare e fuori dal tempo, e che iconograficamente attingono a piene mani dalla Pop Art.
Chissà, magari un giorno, oltre al cha cha cha, alla polka e alla mazurca, al mambo e alla bachata, esisterà una nuova forma di cheek to cheek perfettamente al passo con i nostri tempi, e ci sentiremo tutti un po’ meno soli.