Ormai è onnipotente, vede tutto e non si riposa neanche il settimo giorno: era solo questione di tempo, Internet s’è ammalata. Siamo all’ultimo stadio: il tribunale morale, molto più santo della Santa Inquisizione.
L’ultimo miracolo la rete lo ha fatto a Hollywood: Weinstein, triste faccenda. Massacrare Harvey per ammonirli tutti: condanne per direttissima, potere dello scandalo senza processo. I garantisti costretti a nascondersi offline come carbonari, la regola è: non salvate nessuno, soprattutto i moderati.
Nella conta delle vittime, anche quelle indirette. C’è posto sulla forca anche per Georgina Chapman, con l’accusa minore: «Non poteva non sapere». Sei la ex moglie di Harvey Weinstein e disegni vestiti? Ora non li compra più nessuno, per ripicca. Sei la filistea che stava con Sansone, taci e fallisci.
Bisogna avere rispetto per tutti, quanto più tutti cercano l’occasione d’indignarsi
La storia del mostro è la storia di ogni imprenditore di talento: corta e senza curve. Portamento da spaccalegna e sguardo grifagno, Harvey W. non ne sbagliava una. Sapeva la formula magica: in che momento e a chi bisognava affidare una parte. Nel suo mondo, Harvey W. era l’essere che tendeva a Dio. Nel poco spazio bianco tra le denunce e le sassate, un analista coraggioso è riuscito a fare il calcolo: una delle persone più ringraziate della storia di tutte le notti degli Oscar è stato lui, la nostra bestia (sacrificale), Harvey. In classifica è sopra il padreterno (sesto posto) e va sotto di poco contro Spielberg (primo).
Poi. Qualcuno scoperchia per la centesima volta il vaso senza coperchio del cinema, si scopre che Harvey W. è un subumano. Un indefinibile. Il nemico dell’umanità. Un candidato alla galera e poi alle tenebre. Anzi no, bisogna fare di meglio. Internet ci ripensa e decide di farlo salire sull’altare della dannazione: il “purché se ne parli sempre” online. Risultati: non notevoli, perlopiù irritazione diffusa, il popolo si scanna per le solite due brioche e lui dopo un po’ di supplizio a buon mercato viene spedito in una clinica per dipendenze sessuali, quei resort consigliati dagli avvocati (se sembri malato, il colpo di grazia non te lo danno). Il bollettino della degenza è magnifico: si addormenta sulla sedia durante le confessioni di gruppo e poi si autoproclama agnello di Dio, martire per il cambiamento sociale. Un po’ comma 22, un po’ intelligenza da veterano nella prigionia. Intanto, Internet continua a esibirsi nella sua specialità: passare dalla ragione alla follia. Il moltiplicarsi delle urla rabbiose al banco della giuria, si sa, svigorisce l’accusa. L’accanimento alla lunga è un’attenuante.
È assai grave avere fortuna oltre misura, lì colpisce il fulmine di Zeus
Internet è generosa con le patenti per l’accusa, ma alla banca della vittima il credito non è illimitato, e c’è una ragazza di cui non si sta occupando davvero nessuno: Georgina Chapman. Dietro ogni piccolo criminale c’è una povera donna che passa per grande collaboratrice.
Georgina nasce bella, inglese e intelligente. Anche abbastanza ricca per dichiarare in curriculum «prima di Harvey non morivo certo di fame». Dopo qualche apparizione minore e grosse pubblicità di shampoo, Georgina si laurea alla Wimbledon School of Art nel 2001.
Nel 2004 crea Marchesa, una linea di vestiti. La frangia estrema della solidarietà giustizialista ora ha deciso di metterla tra gli imputati per crimini contro la moda: «Erano abiti con troppi merletti», è stata la sentenza. La scelta imposta alle attrici di indossare certi stracci in tulle ricamato per presentarsi agli Oscar è stata l’ennesima violenza di Weinstein. Il vero bastardo lo riconosci dalle cuciture.
La storia si ripete a capitoli, ma sempre i capitoli che le erano venuti peggio
Tra i prevedibili capi d’imputazione popolare per adesso si contano: 1) Georgina era al corrente e come gli omertosi non parlava. 2) Georgina l’aveva sposato solo per soldi. 3) Georgina era parte della cupola.
Modesta postilla. Si chiamavano Quaestiones Perpetuae. Erano corti che riconoscevano al quisque de populo (il cretino medio, uno qualsiasi) la possibilità di promuovere personalmente un’accusa (nominis delatio). Tradotto dal latino legale: prendevi un passante e gli gridavi «criminale!» a piacimento. Per incoraggiare il cittadino giustiziere e sanguinario venivano anche dati – come incentivo – dei praemia (soldi, incarichi politici, promozione a romano puro). Sembra ieri, invece è oggi. E se il vento continua a essere così a favore, procederemo dritti (di nuovo) verso il peggiore dei mondi possibili, secondo secolo avanti Cristo all’orizzonte.