Le speculazioni basate sulla teoria di Hubbert—che, applicata ai combustibili fossili, tenta di prevederne il raggiungimento del picco di produzione—propongono scenari a volte contraddittori, spesso allarmanti, sempre e comunque insondabili. Sul crinale tra familiare e perturbante il fotografo belga Geert Goiris ha costruito tutta la sua affascinante estetica, cui sottende uno dei sistemi concettuali più intriganti dell'arte contemporanea: l'idea che la fotografia abbia, oltre a quella di rappresentare, anche la capacità di preconizzare. Ognuno dei suoi lavori è quindi, attraverso un presente trasfigurato da un'indagine sempre al limite tra documentazione e allestimento, un viaggio dal passato al futuro. Non fa eccezione Peak Oil, ricerca sul paesaggio industriale contemporaneo commissionato da Frac Normandie Rouen e incentrato sui siti europei della Rubis Terminal: sotto il segno della tartaruga—chiave di una lettura lenta applicata a un mondo da sempre in veloce evoluzione—il lavoro di Goiris si muove per suggestioni quasi cinematografiche al confine tra presunte scoperte e false memorie e, favorito da un ambiente per molti ignoto, si addentra in un panorama mai chiaramente definito. Una preview della serie sarà in mostra dal 9 dicembre al 14 gennaio, e nel frattempo due installazioni, di cui una monumentale, saranno visibili presso la sede della Rubis e il porto di Rouen. Dall'intera esperienza sarà tratto un libro edito da Roma Publications con un'accuratissima introduzione del critico Steven Humblet

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15