Fin dalla rivoluzione industriale, quello legato al treno, ai binari e poi alle ferrovie e alle stazioni è sempre stato uno dei più ricchi immaginari creati dall'uomo. Quale che sia il punto di vista da cui decidiamo di considerarlo, è indubbio che gli scali ferroviari abbandonati esercitino un fascino tutto loro, che da un lato attira archeologi industriali d'ogni sorta e dall'altro risveglia distopie mai del tutto sepolte. La campagna fotografica voluta, ideata e prodotta da Fondazione Aem a Milano, e la relativa mostra che inaugura il 13 giugno alla Casa dell'Energia e dell'Ambiente, ha quindi una duplice valenza: quella di fare il punto su un passato tutt'ora molto presente e quella, più poetica, di lasciare spazio all'immaginazione per un futuro più prossimo—ma anche più roseo—di quanto non sia visibile. Chiamati alla realizzazione di quest'importante opera di documentazione, e consci della responsabilità ma anche della magnifica opportunità in essa contenute, Francesco Radino e Marco Introini si sono buttati nell'impresa con generosità e soprattutto con quella curiosità che, fondamento della fotografia come mezzo di conoscenza, gli ha permesso di avvicinarsi alla città che cresce senza la pretesa di esaurirla o piegarla a una visione prestabilita. Ne risulta un ritratto asciutto e assieme sentimentale, passo fondamentale prima che tutto—come purtroppo e per fortuna previsto—cambi nuovamente

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